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NovoTRANSFLEX

LA STORIA
Nel 1952 la Jensen, nota produttrice di altoparlanti, ideò un sistema di caricamento molto particolare, a metà strada tra un sistema reflex, una linea di trasmissione e un risuonatore a quarto d’onda: il Transflex. Essendo costruito intorno a un 15 pollici e avendo sezione pari allo stesso, nonché una lunghezza di linea, ancorché ripiegata su se stessa, di almeno 2 metri, si può immaginare la dimensione del sistema, che era poi destinato alla sola riproduzione delle frequenze molto basse (un subwoofer ante litteram).
Non ho trovato traccia della commercializzazione del Transflex ma, un paio di anni dopo, la Stromberg Carlsson mise in commercio un sistema per basse frequenze molto simile per dimensioni, detto «acoustic coupler», che consisteva però in un woofer montato su una grossa cassa reflex contenente due risuonatori interni. Il sistema conobbe un certo successo, creando non pochi problemi di arredamento agli amanti del basso profondo, almeno fino all’arrivo della sospensione pneumatica.
Nel gennaio del 1959 il Journal of the Audio Engineering Society pubblicò uno studio sul Transflex, a cura di Peter W. Tappan. Entrato in possesso di quell’articolo, potei analizzare il sistema nella sua interezza e, cosa importantissima, vedere i risultati delle misure effettuate su un modello sperimentale. In realtà non c’era molto da gioire: i parametri dell’altoparlante usato da Tappan erano rilevati in modo a me sconosciuto e il relatore, dopo avere esaminato un Transflex originale in modo sommario, ne dava una sua interpretazione riempiendo pagine e pagine di calcoli, giungendo a un risultato che contraddiceva in parte quello da lui stesso affermato all’inizio della relazione: la linea aveva una Sd sproporzionata rispetto all’altoparlante e la porta risultava più piccola di quest’ultimo, in più la lunghezza della linea era calcolata sul totale dello sviluppo, piuttosto che sulla parte mediana, dal centro dell’altoparlante al centro della bocca.
Anche i risultati ottenuti erano perlomeno «strani», dato che rapportando la curva ottenuta alla misura della linea, vi erano alcune incongruenze, quali un maggiore livello riferito al quarto d’onda rispetto alla mezza onda.
Il Transflex originale aveva, però, alcune peculiarità che lo rendevano interessante:
1) utilizzava una linea completamente vuota, a sezione costante e pari alla Sd dell’altoparlante,
2) utilizzava un driver con caratteristiche non esasperate e frequenza di risonanza relativamente elevata,
3) sfruttava le cancellazioni date dall’interazione tra le due metà della linea per creare un passabasso naturale.
Ovviamente dette cancellazioni relegavano l’uso del Transflex alla gamma bassissima dello spettro e, inoltre, i rinforzi ai multipli della fondamentale potevano, se non filtrati accuratamente, creare fastidiose risonanze in gamma mediobassa, addirittura fino a 1 kHz.
L’idea era comunque interessante, soprattutto per quanto detto al punto (1), perché la cosa garantiva alta efficienza e non comportava il problematico dilemma del materiale con cui coibentare la linea; anche il fatto di utilizzare altoparlanti con alta frequenza di risonanza mi incuriosiva, ma rimaneva il grave problema delle cancellazioni di fase.

NASCE IL «NOVO»TRANSFLEX
A questo punto mi venne un’idea: una linea di trasmissione ha i massimi e i minimi sempre equidistanti, essendo legati alla velocità del suono, era quindi possibile compensare le cancellazioni del Transflex affiancando una seconda linea, anche semplice, avente la fondamentale centrata sulla prima interazione del sistema principale; infatti la prima cancellazione della seconda linea sarebbe stata in corrispondenza del secondo massimo del Transflex e così via, compensandosi a vicenda, le due linee potevano “equalizzarsi” a vicenda fino alla naturale estinzione dell’emissione.
Basterà poi tenere conto anche del fatto che le due bocche diverranno due sorgenti uguali che emetteranno le stesse frequenze: vi saranno quindi interferenze reciproche e una limitazione della massima frequenza riproducibile legata alla distanza tra le due sorgenti.
La cosa complessa, a questo punto, era concatenare tutti gli elementi del progetto.
Decido quindi di procedere per passi successivi.
1) Devo raggiungere una sensibilità elevata, quindi decido di realizzare un sistema a 4 Ohm. Opto quindi per un altoparlante di piccolo diametro per uso «car» che, nello specifico, ha due vantaggi: Sd ridotta che aiuta a ridurre le dimensioni del sistema e frequenza di risonanza elevata, come richiesto dalle specifiche Transflex. Scelgo il CIARE doppia bobina da 13 cm, il CS130, che sopporta una notevole potenza, ma commetto una serie di errori di valutazione perché interpreto scorrettamente, in mancanza di indicazioni specifiche, i parametri pubblicati: considero la misura come effettuata alimentando una singola bobina, ingannato anche dalla scala di impedenza (e dal fatto che 88 dB sui 2 ohm delle bobine in parallelo mi sembravano pochini), e quindi ritengo la sensibilità dichiarata circa 6 dB inferiore al reale data la misura effettuata a 1w1m e non con 2,83V su 8 ohm. Accredito quindi al CS130 circa 92/93 dB con le bobine in serie, configurazione a me utile. In realtà il componente poi misurato offre un incremento di 2,5 dB sul valore nominale con le bobine in parallelo e un livello di poco più di 87 dB con le bobine in serie. Decido comunque di utilizzarlo, dato che comunque gli altri parametri, Qt 0.43, Fs 70Hz e Xmax 3,5, erano soddisfacenti e il Transflex prometteva di incrementarne il livello.
2) Vista la frequenza di accordo a l/4 della linea scelta da Tappan per il suo modello, applico le stesse regole e fisso una frequenza di circa 0,6 la frequenza di risonanza del CS130 e cioè 41 Hz, questo mi determina una linea di 210 cm
3) Trovata la misura della linea principale, posso determinare la frequenza della prima cancellazione e quindi la frequenza a cui accordare la seconda linea: dato che la lunghezza della linea è 210 cm, so che al centro si troverà opposizione di fase alla frequenza f=l/2 e cioè basterà calcolare la frequenza relativa a metà lunghezza d’onda per una linea di circa un metro, quindi 1=344/2/fx dove, nel nostro caso fx vale 172 Hz. La seconda linea, accordata a mezza onda, dovrà quindi essere lunga 344/2/172, cioè 1m.
4) Per realizzare la sezione medioalti, voglio utilizzare un componente con alta sensibilità e membrana leggera, ma in grado di scendere almeno fino alla frequenza di accordo della linea. La scelta cade su un altro componente da 13 cm della CIARE per uso «car», il medio CM132 che mi pare abbastanza lineare e molto efficiente (sempre considerando che la misura è rilevata con 1watt invece che a 2,83V, dovrei sfiorare i 98 dB nella gamma 2/5 Khz) dato che ad attenuare si fa sempre in tempo. La Fs a 115 Hz e il Qt relativamente elevato fa ben sperare per il livello nella zona di funzionamento della linea. A questo medio affianco il tweeter CIARE CT200 (sempre a 4 Ohm), scelto soprattutto per la sensibilità e la risposta discretamente lineare e con andamento in salita data dal caricamento della flangia; il piccolo diametro della cupola mi garantisce comunque una buona dispersione.
5) A questo punto posso dimensionare la seconda linea che, per non essere, come detto, lunga un metro, decido di accordare a quarto d’onda: quindi 344/4/172=0,5 m (la mezza onda a 344 Hz va comunque a interessare un’altra delle cancellazioni del Transflex) e, per offrire un discreto carico acustico all’altoparlante e impedire la fuoruscita di frequenze indesiderate, realizzo poi in sezione decrescente, con inizio 2Sd e bocca a 1/2 Sd; la linea sarà vuota proprio per sfruttare le forti ondulazioni nella risposta e compensare così il Transflex.
6) Bisogna anche decidere a che distanza porre l’uscita della seconda linea dall’apertura del Transflex. Visto che intorno ai 250 Hz poteva esserci una eccessiva immissione di energia in ambiente, a causa della somma di emissioni in fase, pongo le due bocche a 30 centimetri di distanza in modo che per angoli diversi da zero vi fosse interazione sul quarto d’onda proprio in quella zona e a mezza onda, a circa 600 Hz, e poi a più di 1000 Hz, limitando così di fatto anche la banda passante delle bocche.
Vediamo però le differenze tra il Transflex, il «Modello Tappan» e il NovoTransflex: la in basso mette in evidenza le incongruenze del modello di Tappan che, a fronte di una Sd altoparlante di 182 cmq, costruisce una enorme linea quasi 5 volte più grande.
Per non tradire completamente lo spirito del Transflex originale, ho invece realizzato il NovoTransflex con la Sd Linea di superficie 2Sd Altoparlante. Inoltre, la porta del modello Tappan è .65 la Sd Altoparlante ma è quasi 8 volte più piccola della superficie della linea; visto e considerato che il Transflex originale dovrebbe avere altoparlante, linea e porta a sezione costante (l’1* nella tabella sta proprio a indicare il rapporto tra le misure, essendo sconosciuti i dati reali), io pongo la misura della porta a metà strada tra la Sd Altoparlante e la Sd Linea che, come abbiamo visto, è di superficie doppia. In definitiva il NovoTransflex ha Sd Porta = 1,5 Sd Altoparlante e Sd Linea = 2Sd Altoparlante; più vicino all’originale di quanto è stato fatto da Tappan.
Ho quindi realizzato per prima la cassa del Transflex, per poter effettuare un ascolto preliminare e definire gli sviluppi successivi.

PROTOTIPI E PRIMI SVILUPPI
La prima prova effettuata con il CS130 è risultata però deludente sul lato efficienza per cui, in mancanza di altri driver, ho provato a montare un PM 130 (il buon vecchio M129/25CS ecc...) e, immediatamente, la linea ha cominciato a suonare, denotando però un curioso problema: ai bassi volumi era come se non si riuscisse a mettere in movimento tutta la colonna d’aria contenuta nella linea e si ascoltasse solo l’emissione della membrana affacciata alla bocca, ma non appena si alzava il volume il sistema acquistava una grinta insospettabile, rispondendo maggiormente alle aspettative.
Riguardando il lavoro di Tappan mi accorsi che tutte le prove erano state fatte a tensioni (e probabilmente livelli) elevati, quindi con elevate escursioni della membrana e grossi spostamenti d’aria. Ho pensato allora di sostituire il PM130 con il suo equivalente a 4 ohm, per guadagnare almeno qualche dB, poi, osando un po’ di più, ho deciso di montare un altro PM130 affiancato e rovesciato ottenendo così i seguenti vantaggi: raddoppio della Sd, portata a 150 cmq, aumento del Vas, utile per muovere l’aria della linea, dimezzamento dell’impedenza con guadagno di 6 dB, riduzione delle distorsioni di II armonica e, cosa che mi dava una certa soddisfazione, riequilibrio dei parametri originali del transflex dato che ora la Sd della linea e dell’altoparlante erano più vicini al rapporto teorico 1 a 1, e solo la porta era più piccola della Sd della linea, ma solo del 20%. Insomma, come spinto da forze occulte, era rinato il Transflex!

LA COSTRUZIONE DEL MOBILE
Il mobile è realizzato in MDF da 19mm e la forma inconsueta è determinata dal fatto che le “gambe” costituiscono anche le pareti laterali della seconda linea, mentre la parete posteriore di quest’ultima è creata dalla cassa del Transflex, inclinato indietro di 7° per far si che il pannello frontale della seconda linea si trovi in posizione perpendicolare al terreno. In questo modo si ottengono anche un raddoppio dello spessore di parte delle pareti laterali della linea principale e l’isolamento della parete frontale della stessa. L’interno della linea del Transflex è trattato acusticamente solo sul fondo, con piccoli pezzi di espanso bugnato, e in corrispondenza della curva centrale, con lo stesso materiale; la linea del medio è completamente vuota e l’altoparlante è posizionato in alto per trovarsi all’inizio dello sviluppo della linea. La sezione medioalti è allineata su un asse verticale decentrato rispetto alla mezzeria del pannello, realizzando una dispersione asimmetrica e speculare per i due canali.
Le due bocche vengono a trovarsi a circa trenta centimetri tra loro e il fatto di sollevare leggermente dal pavimento la bocca non dovrebbe compromettere il previsto posizionamento a 2pi ipotizzato da Tappan per il suo modello. Il crossover è posizionato in un contenitore plastico fissato sul retro e il segnale è portato all’interno per mezzo di un cavo quadripolare che passa attraverso il pannello di fondo, asportabile per accedere ai driver del Transflex. Il cablaggio è realizzato con cavo di adeguata sezione, fissato con colla termofusibile lungo un bordo interno della linea, in modo da non interferire con i flussi d’aria.

LA SIMULAZIONE DEL FILTRO
Avendo utilizzato CrossPC, sono limitato dalla simulazione di un solo picco di impedenza per ogni altoparlante, cosa improbabile nel caso di linee di trasmissione. Fisso comunque i picchi di impedenza più o meno in corrispondenza delle frequenze di accordo delle linee e aumento solo di poco il Qt degli altoparlanti, dato che lavorano in volumi relativamente grandi.
Non posso simulare le irregolarità del medio, soprattutto il picco a circa 2 KHz, una frequenza critica proprio in corrispondenza dell’incrocio con il tweeter, e tengo quindi la risposta globale leggermente calante in quella zona. Il risultato della prima simulazione è discreto e soprattutto mi accorgo che è possibile ottenere un comportamento molto lineare sia del modulo che della fase e, anche se con minimi di impedenza effettivamente bassi, la regolarità del carico non dovrebbe costituire problemi per qualsivoglia finale a valvole, ancorpiù se dotato di presa a 4 ohm sul trasformatore d’uscita.
Realizzo quindi un prototipo del filtro con passabasso per il Transflex a 6 dB ott.

IL PRIMO FILTRO CROSSOVER
In un primo momento le modifiche apportate in fase di ascolto alla simulazione originale sono state in realtà di poco conto, e volte più che altro a mitigare ancora di più il picco del medio all’incrocio e a limitare l’emissione della bocca del Transflex in gamma media. Infatti la risposta strumentale in ambiente della zona di incrocio tra le bocche era molto buona ma, all’ascolto, vi era una sensazione di «durezza» nell’emissione, per cui ho introdotto un secondo polo, smorzato, nel filtro passa basso del Transflex, originariamente pensato a 6 dBott, e una resistenza acustica di espanso all’uscita della seconda bocca. La risposta è meno regolare ma il miglioramento sonoro è indiscutibile. L’incrocio tra mid e tweeter è stato poi spostato leggermente più in basso, lasciando al medio meno lavoro nella gamma medioalta, che risultava afflitta da eccessiva presenza a causa del già citato break-up.

IL FILTRO CROSSOVER DEFINITIVO
Nei due anni passati dalla prima realizzazione si sono succeduti una serie di filtri alternativi, con ascolti prolungati che hanno portato alla realizzazione definitiva. In pratica si tratta di un filtro nuovo, con taglio del Transflex a 18dB ottava, celle di equalizzazione sia per il midrange che per il tweeter, oltre a una rete RC di compensazione per il solo tweeter. Questa nuova versione rende superfluo l'uso del filtro acustico sulla bocca della linea del medio.

LE MISURE
Quando si realizza un sistema particolare, si ha sempre un elevato grado di incertezza su quello che può essere il risultato finale. Per prima cosa ho misurato l’impedenza totale che, come da simulazione, rischiava di essere eccessivamente bassa; invece il risultato è stato confortante, con un minimo del modulo a 3 ohm a 90Hz e una fase discretamente lineare. Anche le risonanze delle celle sono contenute e non accentuate dai tipici scompensi apportati dal carico in linea di trasmissione. Sono quindi passato alla misura a terzi d’ottava, quella che più mi poteva dare indicazioni circa l’energia immessa in ambiente in bassa frequenza: la linearità in quella porzione è incredibile, a conferma che il tormentato andamento della linea Transflex è egregiamente compensato dalla seconda linea, come da ipotesi di progetto.
Per finire ho eseguito la misura in MLS a 1m con 2.83V su 8ohm in ingresso: la sensibilità è discretamente elevata, mediamente superiore ai 92dB: il picco a 1700 Hz è il già citato break-up del midrange.
Per la gamma bassa e mediobassa, la misura, che non può essere pienamente attendibile, mostra comunque il tipico andamento delle linee.

L’ASCOLTO
I risultati sonori sono effettivamente meglio di quanto mi aspettassi, anche se la prima sensazione che si ha quando si ascolta questa linea di trasmissione è spiazzante, dato che si percepisce quasi esclusivamente il movimento dell’aria all’interno della colonna e non la radiazione diretta della membrana.
In definitiva si avverte immediatamente l’alta sensibilità del sistema, caratterizzato da un suono sostanzialmente aperto e analitico, non eccessivamente esteso verso il basso (in fondo la superficie radiante è inferiore a quella di un comune 16 cm), ma capace di muovere una massa d’aria in bassa frequenza inimmaginabile per gli stessi due altoparlanti montati in una convenzionale cassa reflex. La ricostruzione spaziale è molto buona, con piani ben scanditi e sufficientemente profondi. Anche in presenza di fondamentali continue riprodotte dal Transflex, non si identifica la direzione della bocca, probabilmente grazie alla grande sovrapposizione dell’emissione delle due linee. L’articolazione in basso è discreta e non vi sono rimbombi o strane risonanze e, cosa strana, il sistema si comporta ancora meglio a livelli di ascolto medioalti, come se la linea si mettesse «a regime», esprimendosi al massimo delle sue potenzialità.